Interviste ai macellai

Osservazioni generali sulle interviste ai macellai

Nelle interviste rivolte ai macellai insieme alla terminologia sono emerse interessanti informazioni sulle conoscenze proprie del mestiere. Innanzi tutto c’è da dire che i macellai e le macellerie di un tempo erano certamente cosa diversa rispetto ai macellai e alle macellerie di oggi.

Tralasciando le carenze igienico-sanitarie, una differenza sostanziale stava soprattutto nel tipo di carne venduta.

Oggi giorno, infatti, si è abituati a trovare nelle macellerie diverse varietà di carne (bovina, suina, ovina, pollame, e persino selvaggina), cosa che certamente non accadeva in passato. Come testimonia il sig. Gelardi questo avveniva per la bassa professionalità di alcuni macellai incapaci a lavorare la carne bovina.

Per cui nelle macellerie, in genere, era possibile trovare o solo carne suina, o solo carne ovina, o solo carne bovina.

E ancora, altre informazioni emerse sono state:

  • come comprare un animale vivo e come dargli un valore (stimari l’animali);
  • il rapporto macellaio-cliente oggi e nel passato;
  • esperienze di vita legate al mestiere di macellaio;
  • informazioni riguardanti, in generale, il rapporto che la comunità saccense ha avuto ed ha con il consumo della carne.

Su questa scia d’informazioni è emerso, per esempio, che le classi meno ambienti gettavano olio sul fuoco o compravano persino del grasso per fare fumo e dimostrare che in casa si mangiava carne.

In tempi nei quali il consumo di carne era considerato un “lusso”, però, era anche diffuso uno strano senso di pudore nel comprare la carne: questa veniva, infatti, nascosta fra i vestiti o nelle ceste di vimini insieme a foglie di vite per essere trasportate a casa.

Un altro tipo di pudore, legato agli usi linguistici, coinvolge inoltre il cliente delle macellerie. Qui si rileva anche una divisione netta fra termini riguardanti l’anatomia umana e i termini riguardanti l’anatomia animale. La donna, in particolare, evitava l’uso della parola “coscia”, alla quale si preferiva amma (propr. “gamba”).

Pudore che ancora oggi si protrae per alcune signore anziane le quali non chiedono le “cosce” di pollo ma le “gambe” di pollo.

Ciò che poi suscitava e ancor oggi suscita maggior pudore sono tuttavia gli organi genitali maschili. Al corrispettivo siciliano (cugghiuna), si è, infatti, sostituito il termine eufemistico di granelli.

Nessuna sostituzione si osserva, invece, per il termine che designa la mammella. Essa veniva e viene detta minna (di vacca), anche se ormai questo termine non si sente più in macelleria dal momento che le mammelle di mucca, come alimento, sono quasi del tutto sconosciute.

Dalla memoria degli intervistati sono inoltre emerse perfino informazioni sulle qualità terapeutiche della carne e dei prodotti della macellazione.

È emerso, per esempio, l’uso di far bere il sangue caldo dell’animale appena macellato ai bambini malati di anemia; l’uso di mangiare lo zoccolo di vitello per i problemi gastro-intestinali; l’uso del liquido sinoviale per combattere l’impetigine (Pitìnia), ossia un’infezione superficiale della cute, molto contagiosa, causata da batteri; e infine l’uso del sangue per ripulire il vino dalla feccia.